GLI E.T. NEGLI ARCHIVI ECCLESIASTICI

Lo Speculum Regali è un antico manoscritto redatto in terra d’Irlanda in epoca medievale. Nella data dell’Anno del Signore 956 riporta dell’apparizione, sopra la chiesa di S.Kinarus nel borgo di Cloera e per un tempo sufficiente lungo da consentire un’osservazione dettagliata, di una "nave del diavolo" stazionante in cielo e dalla quale si sarebbe calato un essere antropomorfo, dedito a strane manovre, che a stento sarebbe riuscito a sottrarsi alla troppo invadente curiosità dei pii fedeli irlandesi tornando a bordo del vascello e fuggendo via. In data 1161, secondo gli Annali dei Quattro Maestri, altre "navi del demonio" (loinger demnacda) apparvero sulla baia di Galway. Già nel VI° secolo il monaco Dionigi Aeropagita aveva associato i "segni nel cielo" a forme di vita esterne alla Terra, documentando una credenza popolare secondo cui le "ruote incandescenti" che si vedevano volare altro non fossero che angeli (gli ‘ofannim ebraici), e nel 1224 fra Leone, uno dei compagni di S.Francesco di Assisi, aveva dichiarato di avere assistito alla discesa di una "bolla di fuoco" sul monte Alverno, ove era stato seppellito il "Poverello"; Leone aveva dichiarato di essersi ritirato in solitudine per pregare, quando aveva assistito allo strano fenomeno; quella stessa notte aveva trovato un confratello, fra Francesco, che vagava come in trance nella foresta, parlando ad un interlocutore invisibile (come accadde nei casi di rapimenti UFO). Del resto, nemmeno S.Francesco era stato esente da manifestazioni anomale, oltre a quelle mistiche; quando aveva ricevuto le stimmate da un "serafino con sei ali splendenti ed in figura di uomo crocifisso", l’intero monte della Verna, in Romagna, era stato visto illuminato come da fiamme. "Al riflesso di quella luce", scrivono le Leggende cristiane, "certi mulattieri che andavano in Romagna si levarono, credendo che fosse

già sorto il sole, e sellarono e caricarono le bestie; e poi, mentre erano in viaggio, videro che la luce si spegneva e si levava il sole vero". Di S.Francesco gli scritti vaticani ci dicono che, "quando il Poverello stava pregando in un tugurio nell'orto dei canonici di Assisi - era notte profonda e i suoi frati si trovavano in altro luogo, alcuni dormendo altri pregando in silenzio - ecco venire il beato Francesco sopra un carro di fuoco luminoso. I frati che vegliavano furono presi da grande stupore, e quelli che dormivano si destarono atterriti. Lo strano avvenimento, che ricorda l'ascensione dei profeta Elia, fu inteso come un segno di Dio, che aveva reso Francesco quale carro e auriga, cioè sicura guida spirituale. Morto Innocenza III° nel 1216, il successore Onorio concesse l'indulgenza plenaria alla Porziuncola (ricordata come Perdon d'Assisi)".

Un altro santo rapito in cielo e portato in volo fu Gabriele, che possiamo vedere raffigurato nell’atto di essere sollevato in aria in un fascio di luce nel santuario di S.Gabriele dell’Addolorata a Isola del Gran Sasso (TE). Il dipinto è degli inizi del XX° secolo; il santo sembra proprio rapito verso l’alto del soffitto, ove neanche a farlo apposta spicca un foro dipinto sulla parte esterna dell’abside.

Sempre le leggende riportano, attingendo alla Historia Langobardorum del diacono Paolo, di sette misteriosi dormienti nascosti in una grotta ad Efeso, ritenuti martiri cristiani ma vestiti come antichi romani, i cui corpi si sarebbero mantenuti intatti per secoli (almeno per quattrocento anni); Paolo Diacono dice che chi aveva osato toccarli era morto carbonizzato; in seguito le Leggende cristiane censurarono questo dettaglio e li vollero per sempre nascosti nella grotta, dopo essere momentaneamente resuscitati, "con le facce che risplendevano come luce di sole", per convertire l’imperatore Teodosio di Costantinopoli. Così l’episodio originale, nelle parole di Paolo: "Opino di non divagare se, tralasciato per un momento l'ordine cronologico dei fatti, non discostandosi peraltro la mia penna dalla Germania, racconto un miracolo ivi celebratissimo e alcune altre cose che esporrò brevemente. V'è negli estremi confini di quella terra, verso Tramontana, un antro, sulla riva dell'Oceano, sovrastato da un'altissima rupe; lì, sette uomini, non si sa da quando, stanno arroccati in un fondo sonno, e sono così intatti i corpi loro e le vesti (ciò meraviglia dato l'immemorabile tempo da che si conservano) che quelle zotiche genti e barbare li fanno oggetto di venerazione. Questi dormienti parrebbero, a giudicare dall'aspetto, romani. Cert'uomo volle, per cupidigia, spogliarne uno; subito, stando a quel che si dice, gli arsero le braccia, e simile castigo spaventò a tal punto gli altri che nessuno s'attentò più di toccarli. Per questa che paion godere, protezione divina, si crede che la Provvidenza i conserverà per lungo tempo ancora quali sono; e poiché li si ritiene cristiani, fino al giorno, forse, in cui, ridestandosi, porteranno con la loro predicazione la salvezza a quelle genti". La storia è citata anche nel Corano.

Ma l’episodio più curioso riguarda S.Antonio e si trova in un'agiografia medievale anonima dedicata al santo egiziano, fondatore dei monachesimo cristiano, che visse trecento anni dopo Cristo. Durante le sue meditazioni nel deserto, Sant'Antonio si sarebbe imbattuto in un essere strano, di piccola statura. Riferisce la cronaca: "Poco dopo in una valletta rocciosa chiusa da ogni lato, egli vede un nano dal grugno distorto, con delle corna sulla testa e i piedi biforcuti come le capre. A quella vista, Antonio, come un buon soldato, si arma dello scudo della fede e dell'elmo della speranza: la creatura nondimeno gli offre il frutto della palma per sostentarlo lungo il viaggio e a guisa di pegno di pace. Antonio, ciò vedendo, si ferma e gli chiede chi egli sia. E questa fu la risposta che ricevette: ‘Sono un essere mortale, uno degli abitanti del Deserto ai quali i Gentili hanno fatto torto associandoli in un culto erroneo di forme svariate sotto i nomi di fauni, satiri e incubi. lo sono stato mandato per rappresentare la mia tribù. Vi preghiamo di impetrare per noi il favore del Signore vostro e nostro, che, come abbiamo appreso, è venuto un giorno per salvare il mondo, e la cui voce ha pervaso tutta la terra'. Mentre il satiro pronunciava queste parole, sulle guance dei vecchio viandante (sant'Antonio) scorrevano le lacrime, testimonianza della sua commozione profonda, che versava nella pienezza della sua gioie. Egli si rallegrava della gloria di Cristo e della distruzione di Satana e si meravigliava di aver potuto capire, per tutto il tempo, la lingua dei satiro, e, colpendo il suolo coi bastone, disse: ‘Maledizione a te, Alessandria, che invece di Dio hai adorato mostri! Maledizione a te, città di prostitute, nella quale convengono insieme i demoni di tutto il mondo. Che avete da dire ora? Bestie che parlate di Cristo, voi che in luogo di Dio, adorate i mostri...' . Non aveva ancora finito di parlare che, come se avesse le ali, la creatura selvatica fuggì lontano. Nessuno si faccia scrupolo di credere a questo fatto; la sua verità è dimostrata da ciò che accadde quando Costantino regnava, un avvenimento di cui il mondo intero fu testimone. Infatti un uomo di quella specie fu condotto vivo ad Alessandria e mostrato al popolo come uno straordinario spettacolo. In seguito, per impedire che il cadavere imputridisse per il caldo, fu conservato nel sale e portato ad Antiochia perché l'imperatore potesse vederlo". Non è possibile commentare questa cronaca, che sembra proprio essere il resoconto di un incontro ravvicinato e che compare pressoché identica nelle Leggende cristiane di Santucci.

Sempre queste riferiscono che quando venne martirizzata S.Marina d’Antiochia "le nubi, a un cenno di Dio, scesero dai monti, mentre gli angeli cantavano a voce spiegata"; mentre "per tre notti si vide una luce meravigliosa aleggiare sopra il teschio di S.Paolo", che era stato gettato in una fossa comune; e che S.Niccolò era solito apparire per compiere miracoli entro una nube di luce ovale, in tutto e per tutto simile ad un moderno UFO. Essa è ritratta in un quadro della scuola di Gentile da Fabriano, intitolato Miracolo di S.Niccolò e mostrante il santo che salva una nave da una tempesta, custodito alla Pinacoteca Vaticana a Roma.

Ma di resoconti insoliti, negli archivi ecclesiastici, se ne trovano a bizzeffe; non dobbiamo difatti dimenticare che la preservazione della cultura e della storia, dopo la crisi dell’Impero Romano e le invasioni barbariche, passò in mano a monaci e frati, che diligentemente annotarono tutto quanto avveniva nell’Europa medievale. Una fetta considerevole di questa documentazione, sfortunatamente, non è mai uscita dagli archivi vaticani e per i motivi più disparati (senza voler vedere a tutti i costi un atteggiamento censorio, che comunque per testi eretici, evangelici apocrifi indubbiamente vi è stato), a cominciare dalla cattiva gestione bibliotecaria di alcuni, alla svogliatezza di altri nel tradurre documenti ritenuti di importanza poco rilevante (il che è decisamente discutibile ed opinabile; alcune costose traduzioni sono state recentemente messe a punto da Banche e Istituti di Credito) sino alla necessità di dover proteggere e custodire documenti rari. Il sottoscritto, ex bibliotecario ed insegnante di religione, ha setacciato per anni archivi e biblioteche, con pazienza certosina, riuscendo infine a mettere assieme una mole considerevole di dati, di ciò che ho voluto ribattezzare i "vatican files", cioè le documentazioni ufologiche raccolte dagli uomini di Chiesa; molto spesso questa ricerca non è stata affatto facile. In una parrocchia del lodigiano esiste ad esempio un’antica cronaca che parla della discesa di creature simili a monaci, che piovvero un giorno dal cielo in quel di Lodi. Per chi conosce a fondo l’ufologia, sa di incontri ravvicinati con esseri bardati come "monaci incappucciati" (presenti assieme ai Grigi nel corso delle abductions del plurirapito americano Whitley Strieber, che li descrive nel suo libro Communion); ma quando un mio collega, l’ufologo Giuseppe Monticelli, chiese al locale sacerdote di visionare il documento perché poteva avere attinenza con eventi UFO, questi, insospettito ed infastidito, lo ha cacciò via.

Nel condurre questa ricerca, ho dovuto quindi agire principalmente facendo leva sulla mia qualifica di insegnante, oltreché di giornalista (trovando peraltro molta diffidenza negli ambienti ecclesiastici, perlopiù da parte dei preti, che non dei frati). Alcuni dati interessanti sono presenti in quel già citato corpus che siamo soliti definire Leggende cristiane e che, pur non avendo un preciso inquadramento storico, sono considerate relativamente veritiere dal Vaticano (ma non vincolanti su un piano dottrinale). Spesso grazie a queste leggende, a tratti così inconsistenti, i pii e devoti hanno acclamato santi gli uomini di Chiesa, eretto basiliche e costruito cattedrali, ed innalzato lodi al Signore per eventi ritenuti assai spesso miracolosi, ma che potevano trovare una spiegazione forse poco terrestre, meglio ancora extraterrestre. É ad esempio riportato che, nel XII° secolo, S.Bernardo stava pregando nella chiesa di S.Maria Scala Coeli di Roma (ricostruita nel 1582) quando, durante la celebrazione della messa, avrebbe visto apparire in cielo una scala "su cui saliva l’anima del defunto per cui pregava". Lungi dall’essere fantasie misticoidi dell’epoca, quegli eventi strani sono stati riferiti anche ai nostri giorni (mi soffermerò solo sui casi anteriori alla nascita ufficiale dell’ufologia, il 1947). Uno degli episodi più clamorosi, in questo secolo, fu l’apparizione di tre stelle a Spello, il 27 maggio 1920. Durante la funzione religiosa di chiusura, tenuta "mezzora circa avanti la calata del sole", S.Gaspare stava predicando sul palco di piazza Maggiore, dinanzi ad una folla di ben seimila persone; prima che si impartisse la benedizione papale, si vide nel cielo, ad oriente, "una croce di color ceruleo"; era composta di tre stelle, della dimensione di "una doppia d’oro" ognuna. Queste apparivano "tre o quattro palmi al di sopra del capo del servo di Dio" e formavano un triangolo, giacché una stava in alto e "le altre due laterali più basse". E "non tanto come la stella Fosforo od Espero" rilucevano, ma avevano "una luce notabile". La croce luminosa si andava restringendo di lato (a mano a mano che il santo "andava accostandosi alla fine del discorso", disse la devozione popolare), "fino a pigliar la forma di una fionda" e indi sparire. Dinanzi a questa apparizione il popolo rimase come inebetito; molti furono presi da profonda commozione e lo stesso vescovo diocesano, monsignor Lucchesi, rompendo in piantò osannò S.Gaspare.